Elogio della inconsapevolezza. Estratto dalla rivista Up-Climbing n°4
Anche se è uno scenario terribile, c’è la possibilità che la nostra mente sia solo un mazzo di neuroni, che l’anima non esista e che le emozioni non siano altro che algoritmi. La differenza tra la mente umana e le macchine non è certo l’intelligenza: tra pochi decenni anche quelle poche abilità nelle quali siamo ancora superiori saranno surclassaste dai software. La vera differenza è la consapevolezza, che (probabilmente) i robot non raggiungeranno mai.
Ma è cosi importante? O la coscienza è solo una piccola imperfezione, un rumore rimasto dopo milioni di anni di evoluzione?
In fondo la maggior parte delle cose che facciamo (alcuni autori dicono il 99%) avvengono in maniera inconsapevole: respiriamo, palpitiamo, camminiamo, sudiamo, secerniamo, inchiodiamo se un gatto attraversa la strada, trasecoliamo, eccetera, in maniera automatica.
Tutto ciò che è veramente potente e creativo, dentro di noi, scaturisce dal magma oscuro dell’inconscio, quel mondo sommerso, si, ma molto più vasto della piccola punta emersa di coscienza.
La consapevolezza ci limita, ci frena, ci rende meno efficienti.