Fermo restando che, di per sé, in falesia bisogna poter volare in tutta sicurezza per cercare il proprio limite, su vie ben attrezzate e senza terrazzini, tuttavia bisogna interiorizzare l’idea che, quando si sta in ambiente naturale, che sia roccia su mare o in montagna, che sia una pista da sci di qualunque tipo, siamo noi i responsabili della nostra sicurezza: non dobbiamo delegare, non dobbiamo cercare rassicurazioni, proiettare responsabilità su altri1. Ne parlava, in termini generali ma partendo da incidenti sulle piste da sci, Luca Grazzini qui.
Dicevamo che l’arrampicata outdoor è un’attività principalmente culturale; essa si manifesta in tantissime forme, ma come è noto deriva dall’alpinismo di epoca pre-spit/fix, ossia con protezioni mobili e chiodi; alpinismo che ancora oggi è ampiamente praticato. Essendo l’arrampicata molteplice e sfaccettata, praticarla nelle sue varie forme aiuta ad aumentare la consapevolezza, a coglierne i volti da più angolazioni: chi chioda, sa quanto possa essere assurdamente resistente un fix; chi fa alpinismo, sa che un chiodo potrebbe richiedere una ribattuta col martello, perché gli sbalzi di temperatura a volte tendono a cacciarlo fuori -e, in generale, che non è sempre bene fidarsi ciecamente delle protezioni che si trovano sul posto: difficilmente, trovando un friend già messo in una fessura, lo useremmo per appenderci.
Ora, il bello di una via attrezzata a fix vicini, ossia una via cosiddetta “sportiva”, come si trovano in falesia, è proprio il minimizzare ogni tipo di pericolo e pensiero al punto da poter provare la via al limite. La sosta, mentre su vie alpinistiche può essere a chiodi o friend, in falesia è, e dovrebbe essere sempre, su fix/fittoni a prova di bomba, con un bell’anello su cui, volendo, possiamo anche fare tutto il top rope che vogliamo. Ma siamo pur sempre in ambiente, e dobbiamo ricordare alcune cose: ad esempio, specie se siamo vicini al mare o in presenza di importanti scoli d’acqua, anche in falesia è bene controllare che le protezioni siano ancora affidabili e non corrose; se dobbiamo attrezzare un top rope per far scalare da secondo qualcuno, è bene controllare al meglio lo stato della sosta e dell’anello in cui si sta facendo scorrere la corda -e, peraltro, se io sto per farci top rope devo essere assolutamente sicuro che chi me lo sta attrezzando sappia cosa sta facendo, e nel dubbio devo potergli chiedere su cosa è passata la corda a cui appenderò la mia vita.
Nel 2021, in una falesia di monotiri trad sul mare, alcuni ragazzi hanno attrezzato un top rope; purtroppo, la maglia rapida in cui era passata la corda ha ceduto, facendo precipitare la ragazza che scalava, che si è fratturata alcune vertebre. Senza stare a giudicare troppo, in generale in una condizione del genere sarebbe stato fondamentale a) fare una ricerca su fonti affidabili e recenti riguardo le vie di più recente richiodatura delle soste; b) considerare sempre che in una falesia posta a ridosso del mare il materiale è da controllare col massimo del sospetto, specie nel caso di maglie rapide, che offrono meno garanzie di un anellone da gruppo sosta omologato. In quella stessa falesia, difatti, non è raro trovare sistemi di sosta rinforzati (nei più vari e disperati modi) da ripetitori quantomeno più prudenti.
Nel 2016 un forte scalatore romano desiderava provare Totem, 8a+ storico del Gabbio, a Ferentillo. Purtroppo, la via aveva una chiodatura a tratti fatiscente, specie sui punti cruciali; ma lui risolse il problema portandosi appresso un trapano e qualche fix, riportando in sicurezza la via.
Tutti gli alpinisti hanno (chi più, chi meno) cognizione dei rischi che vanno ad affrontare, e portano spesso almeno un martello per ribattere i chiodi instabili o piantarne di nuovi: il martello diventa quasi il simbolo della propria indipendenza, della responsabilità sulla propria sicurezza che ci si deve assumere in parete. Supponiamo però che uno scalatore “sportivo” voglia andare a ripetere una vecchia via in una falesia marina semiabbandonata: La Cura dei Tendini al settore Muro Bianco a Sperlonga, per esempio. Questo nostro scalatore dovrà, a ben vedere, andare su La Cura dei Tendini con un approccio molto simile a quello dell’alpinista: cautela totale, valutazione delle protezioni, nonché un bel trapano con dei fix inox per sostituire quelli marci che incontrerà. Solo una volta compiuto il restauro della sicurezza (che dubitiamo avverrà in libera!), potrà godersi “sportivamente” quell’itinerario. Sicuramente, se andrà invece con l’idea che qualcun altro avrebbe dovuto sistemarla, rischierà di farsi male.
Con ciò non vogliamo davvero dire che qualunque scalatore di falesia dovrebbe portarsi il trapano così come ogni alpinista si porta il martello2; ma, essendo due sfumature della stessa disciplina, peraltro nello stesso ambiente (dove l’unica cosa che cambia sono le protezioni), l’atteggiamento di responsabilità deve essere affine.
Se lo scalatore va a provarsi La Cura dei Tendini, cade e il fix anziché tenerlo si spezza, non potrà sicuramente dare la colpa e proiettare la responsabilità dell’incidente su qualcuno (contro chi urlerà, oltre che contro qualche santo? Andrea Di Bari? Bruno Vitale?); sarà solo e soltanto responsabilità sua.
Per fortuna, queste cose solitamente non succedono in falesia, perché di fatto qualcuno, anzi qualcun altro si prende cura delle vie (e le falesie sarebbero molto meno frequentate); ma sono discorsi di cui bisogna essere consapevoli.
La ragazza dell’incidente come primo istinto aveva lanciato accuse contro gli attrezzatori delle vie, “che non si prendono cura del posto”. Come detto, è un atteggiamento psicologico diffuso: qualcun altro deve prendersi cura delle vie, qualcun altro deve far sì che io non mi faccia male.
Il pensiero comunemente diffuso è questo: se io chiodo una via, sono condannato per l’eternità alla sua manutenzione; se apro una via lunga, sono legato ad essa per sempre, ergastolano che ogni anno dovrà ritornare a valutare lo stato delle protezioni; se attrezzo un settore, come uno spirito maledetto, dovrò per sempre aleggiarvi attorno, sistemarlo e curarlo, responsabile di ogni evento, di ogni incidente che vi avverrà.
Sebbene, nei fatti, molti chiodatori facciano anche manutenzione sulle vie da loro attrezzate (si pensi alla maniacale attenzione di Maurizio Oviglia, sempre su e giù per la Sardegna a chiodare e richiodare), ciò non può togliere l’unica verità di base: che i responsabili nell’arrampicata outdoor siamo e dobbiamo essere solo noi. Non esiste che io mi faccia male in una falesia trad sul mare e, pur nella rabbia di un incidente terribile, dia la colpa a un Oviglia.
Anche perché questo pensare comune porta automaticamente a un enorme paradosso: anche ammettendo che chi chioda sia automaticamente responsabile delle sue vie, ammettendo questo legame spettrale tra chiodatore maledetto e luogo infestato, i chiodatori non sono immortali. E allora viene in mente quella frase dei Pirati dei Caraibi, in cui “Sputafuoco” Bill Turner ricorda che la nave maledetta, l’Olandese Volante, “deve sempre avere un capitano”. Si gratti un po’ Oviglia e si grattino tutti gli altri; ma quando tra cent’anni Oviglia non ci sarà più, allora che si dovrà fare, secondo la gente? Si dovrà andare dal notaio e nominare un nuovo Oviglia? E allora, forse, “Oviglia” non sarà più un nome, bensì un titolo, corrispondente a “chiodatore manutentore di una falesia”. E ci sarà l’Oviglia di Sardegna, ci sarà l’Oviglia di Finale; ci sarà forse l’Oviglia di Tutti gli Abruzzi, e magari ci sarà anche l’Oviglia d’Italia, l’Oviglia Nazionale.
O forse, si dovrà fare i conti col fatto che siamo noi, sempre noi, a dover aprire gli occhi; ringraziare tutti gli Oviglia del mondo, ma non darli mai per scontati.
• Emanuele Avolio
1 Questo anche se, per l’assurda legge italiana, se mi faccio male su un terreno privato, potrei denunciare il proprietario come responsabile del mio incidente.
2 Si ricordi sempre che in ogni operazione di restauro di protezioni fisse è sempre opportuno rispettare la volontà dell’apritore, senza modificarne numero e (salvo vistosi errori in attrezzatura) posizione.
Link utile: https://www.planetmountain.com/it/notizie/arrampicata/sicurezza-dei-fix-per-larrampicata-in-ambiente-marino.html
(In foto: rinvio fisso collegato al fix inox tramite maillon d’acciaio zincato. Unire zincato e inox comporta l’arrugginimento dello zincato, che in casi come questo comporta a) che il fisso è inutilizzabile b) che la maglia è ormai inapribile, rendendo inutilizzabile anche il fix inox. I rinvii fissi hanno spesso problemi di questo tipo, oltre a richiedere una auspicabile manutenzione della fettuccia -che, in caso di maillon arrugginito, non può essere sostituita! Sarebbe auspicabile, quando possibile, mettere dei fissi di maglie di catena, magari omologati, e certamente dello stesso metallo della protezione. Foto di M. Oviglia)
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JT Buck
non per fare polemica ma a me è sembrata una sicura perfetta: dinamica (il ragazzo che è volato non ha neanche toccato la parete) al punto giusto (dando per buono le distanze da te stimate, 13-9=4m dal suolo, che non mi sembrano pochi).
Diverse volte facendo sicura, sono andato a sbattere al primo rinvio ed il grigri non mi si è mai sbloccato, ovviamente tengo sempre la corda che esce dal gri con la mano...magari sono stato sempre molto fortunato...
Macu
La via in questione é Inerzia, lo scalatore sono io. La sicura che mi hanno fatto è stata impeccabile. Personalmente non ho mai visto qualcuno arrivare a terra a causa del grigri bloccato al primo rinvio ma al contrario ho visto tante caviglie e talloni rotti a causa di staticate. Mi permetto di farti notare inoltre che ieri tutti in falesia hanno sentito le bestemmie della persona che tu assicuravi su 37 secondi, perché non gli arrivava corda o non veniva bloccato quando lo chiedeva. Quindi diciamo che un'altra buona norma di sicurezza è prestare attenzione mentre si fa sicura.
Riccardo Corradi
senza entrare nel merito della polemica che trovo totalmente decontestualizzata all'articolo mi scuso per le bestemmie, ci tengo a precisare che non erano rivolte a chi mi faceva sicura ma a coloro che facevano casino in falesia, spesso mi chiedo perché frequento sempre gli stessi posti e la risposta è sempre la stessa: evitare la bolgia (devo essere solo io a fare casino ;) ), l'attenzione in falesia è fondamentale ma chi mi assicurava non sentiva i miei comandi... meglio scalare su uno spit marcio messo negli anni 80 che con l'assicuratore che sente fischi per fiaschi, ma tranquillo sto incolpando solo me stesso dalla settimana prossima si torna nelle solite falesie... buone scalate a tutti e volate sereni (non è sarcasmo)
Stock Atso
Chi concorda pienamente con le parole di Macu?
Stock Atso!!!
A noi piacciono i voli lunghi, le sicure dinamiche e le caviglie sane