Ormai sono numerosi gli studi che confermano come un allenamento "ideomotorio", ossia l'esecuzione soltanto immaginata di un movimento, possa aumentare la forza reale, anche in maniera considerevole. Per esempio, un gruppo di ricercatori americani ha riscontrato un aumento del 35% della forza nella flessione del mignolo, in un esperimento condotto su un gruppo di volontari che si allenavano soltanto immaginando di eseguire un esercizio[i].
Essendo la scalata una attività nella quale le componenti "nervose" e "di sensibilità" della forza sono predominanti, ho la presunzione di pensare che questo tipo di allenamento, se strutturato in maniera appropriata, possa dare considerevoli risultati per la nostra disciplina ancor più che in altre. Un tipico esempio di mancanza di forza dovuta a fattori nervosi e di sensibilità, è la scalata su vie tendinee a monoditi (stile Franken o Grotti) dove spesso scalatori dotati normalmente di notevole potenza, avvertono una capacità di produrre tensione fortemente diminuita dai feedback (sia consapevoli che non) protettivi dell'integrità del tendine e del muscolo. Nella scalata i fattori nervosi della forza sono predominanti rispetto a quelli strutturali. Ancora una volta accade che uno stato fisico dipenda fortemente da uno stato mentale, che sia esso volontario o inconsapevole. Non solo perché l'impulso parte fisicamente dal cervello, non solo perché per sviluppare la tensione massima devo averne veramente voglia ed essere concentrato ed attivato, ma perché la forza devo averla anche imparata.
Esiste un discorso legato all'apprendimento della forza che è stato sempre molto trascurato. Esso va molto al di là del fattore tecnico del movimento, io parlo di imparare a reclutare e a coordinare al massimo, e in maniera inconsapevole, le unità motorie. Anche per il più stupido dei movimenti, come può essere la sospensione su una lista, dove il problema tecnico è quasi inesistente, il sistema nervoso autonomo dell'atleta evoluto sa come attivare al massimo la tensione molto meglio di un altro. E' sempre per lo stesso motivo che alcuni non "tengono" a dita stese ma solo "a tacca" o viceversa, ed è per questo che noi dobbiamo imparare a reclutare le fibre in ognuna di queste situazioni: quando, dopo poche sedute di allenamento su una lista o su dei buchi, vediamo subito un sensibile miglioramento abbiamo solo "imparato" l'esercizio. Noi non ci rendiamo neanche conto di quanta forza possiamo aumentare agendo soltanto su questi livelli, e dunque senza aumentare di massa.
Tutto ciò porta a queste importanti considerazioni:
* il potenziale margine di miglioramento che noi tutti abbiamo è superiore a quello che credevamo;
* si può avere molta forza, ma saperla esprimere solo in determinate situazioni: una "forza inutile";
* si possono avere dei muscoli molto grandi, ma inefficienti: una massa inutile;
* bisogna focalizzare i propri sforzi sugli allenamenti che fanno migliorare le componenti "nervose" della forza.
Ipotesi per un allenamento misto reale/immaginato
Viste queste considerazioni, e vista la particolarità della scalata, sono orientato verso la sperimentazione di un tipo di allenamento misto reale-immaginato, che chiamerei, molto americanamente "Hyper mental training".
Nella versione classica dell'allenamento ideomotorio, che si trova in tutta la letteratura, l'allenamento mentale si associa a quello reale, ma in modo distaccato. La mia idea è che per la scalata possa essere più efficace associare, oltre all'allenamento solo reale e solo mentale, un allenamento misto che riunisca in un unico esercizio una bassa componente fisica ad una altissima stimolazione mentale.
Mi spiego meglio.
Predisporsi per un esercizio di contrazione delle dita, o di un singolo dito, a bassissima componente fisica. Per esempio restando in piedi, con le dita appoggiate ad una lista o uno stipite o qualunque sporgenza, flettere il dito (o più dita) partendo dalla distensione fino ad arcuarlo del tutto, applicando però solo pochissima forza. Associare a questa blanda contrazione una stimolazione mentale "immaginata" più che massimale, ricercando la massima forza mentale possibile, facendo le smorfie di spasmo che si associano solitamente a sforzi ipermassimali, ricercando la vivida sensazione che il tendine si stia quasi spezzando per quanto lo si deve contrarre. Ma solo immaginando tale contrazione, nella realtà il dito si arcua, si, ma senza alcun vero carico. Fare molta attenzione a non lasciarsi andare e caricare il dito veramente, incorrendo in forti rischi di traumi. Può essere di aiuto, per raggiungere la massima attivazione "immaginata", contrarre in maniera isometrica (realmente) addome o dorso o altri grandi muscoli, ma poco, questo è importante anche per non farsi male, i flessori delle dita. E' bene fare questo tipo di allenamento da soli, sia per non essere presi per folli, sia per trovare la giusta concentrazione.
Questo allenamento è ancora in fase di sperimentazione dunque per ora non lo consiglio né lo prescrivo a nessuno. Su di me sta dando per ora buoni risultati. Credo sia opportuno non fare più di 10/15 minuti al giorno di questo lavoro, visto il forte stimolo che viene dato al sistema nervoso. Intanto, ho verificato che il giorno seguente tali allenamenti, si accusano gli stessi sintomi di stanchezza che di solito insorgono a seguito di un allenamento (reale) che affatica il sistema nervoso centrale (come per esempio allenamenti massimali isometrici prolungati su appigli piccoli). Questo dimostra che il lavoro c'è stato veramente.
Come ben sappiamo però, il fatto che un lavoro ci stanchi non vuol dire necessariamente che esso ci faccia poi migliorare.
[i] Fonte: Rivista Neuropsychologia, 2004;42(7):944-56
From mental power to muscle power--gaining strength by using the mind.Ranganathan VK, Siemionow V, Liu JZ, Sahgal V, Yue GHDepartment of Biomedical Engineering/ND20, The Lerner Research Institute, The Cleveland Clinic Foundation, 9500 Euclid Avenue, Cleveland, OH 44195, USA.The purposes of this project were to determine mental training-induced strength gains (without performing physical exercises) in the little finger abductor as well as in the elbow flexor muscles, which are frequently used during daily living, and to quantify cortical signals that mediate maximal voluntary contractions (MVCs) of the two muscle groups. Thirty young, healthy volunteers participated in the study. The first group (N = 8) was trained to perform "mental contractions" of little finger abduction (ABD); the second group (N = 8) performed mental contractions of elbow (ELB) flexion; and the third group (N = 8) was not trained but participated in all measurements and served as a control group. Finally, six volunteers performed training of physical maximal finger abductions. Training lasted for 12 weeks (15 min per day, 5 days per week). At the end of training, we found that the ABD group had increased their finger abduction strength by 35% (P < 0.005) and the ELB group augmented their elbow flexion strength by 13.5% (P < 0.001). The physical training group increased the finger abduction strength by 53% (P < 0.01). The control group showed no significant changes in strength for either finger abduction or elbow flexion tasks. The improvement in muscle strength for trained groups was accompanied by significant increases in electroencephalogram-derived cortical potential, a measure previously shown to be directly related to control of voluntary muscle contractions. We conclude that the mental training employed by this study enhances the cortical output signal, which drives the muscles to a higher activation level and increases strength.
Essendo la scalata una attività nella quale le componenti "nervose" e "di sensibilità" della forza sono predominanti, ho la presunzione di pensare che questo tipo di allenamento, se strutturato in maniera appropriata, possa dare considerevoli risultati per la nostra disciplina ancor più che in altre. Un tipico esempio di mancanza di forza dovuta a fattori nervosi e di sensibilità, è la scalata su vie tendinee a monoditi (stile Franken o Grotti) dove spesso scalatori dotati normalmente di notevole potenza, avvertono una capacità di produrre tensione fortemente diminuita dai feedback (sia consapevoli che non) protettivi dell'integrità del tendine e del muscolo. Nella scalata i fattori nervosi della forza sono predominanti rispetto a quelli strutturali. Ancora una volta accade che uno stato fisico dipenda fortemente da uno stato mentale, che sia esso volontario o inconsapevole. Non solo perché l'impulso parte fisicamente dal cervello, non solo perché per sviluppare la tensione massima devo averne veramente voglia ed essere concentrato ed attivato, ma perché la forza devo averla anche imparata.
Esiste un discorso legato all'apprendimento della forza che è stato sempre molto trascurato. Esso va molto al di là del fattore tecnico del movimento, io parlo di imparare a reclutare e a coordinare al massimo, e in maniera inconsapevole, le unità motorie. Anche per il più stupido dei movimenti, come può essere la sospensione su una lista, dove il problema tecnico è quasi inesistente, il sistema nervoso autonomo dell'atleta evoluto sa come attivare al massimo la tensione molto meglio di un altro. E' sempre per lo stesso motivo che alcuni non "tengono" a dita stese ma solo "a tacca" o viceversa, ed è per questo che noi dobbiamo imparare a reclutare le fibre in ognuna di queste situazioni: quando, dopo poche sedute di allenamento su una lista o su dei buchi, vediamo subito un sensibile miglioramento abbiamo solo "imparato" l'esercizio. Noi non ci rendiamo neanche conto di quanta forza possiamo aumentare agendo soltanto su questi livelli, e dunque senza aumentare di massa.
Tutto ciò porta a queste importanti considerazioni:
* il potenziale margine di miglioramento che noi tutti abbiamo è superiore a quello che credevamo;
* si può avere molta forza, ma saperla esprimere solo in determinate situazioni: una "forza inutile";
* si possono avere dei muscoli molto grandi, ma inefficienti: una massa inutile;
* bisogna focalizzare i propri sforzi sugli allenamenti che fanno migliorare le componenti "nervose" della forza.
Ipotesi per un allenamento misto reale/immaginato
Viste queste considerazioni, e vista la particolarità della scalata, sono orientato verso la sperimentazione di un tipo di allenamento misto reale-immaginato, che chiamerei, molto americanamente "Hyper mental training".
Nella versione classica dell'allenamento ideomotorio, che si trova in tutta la letteratura, l'allenamento mentale si associa a quello reale, ma in modo distaccato. La mia idea è che per la scalata possa essere più efficace associare, oltre all'allenamento solo reale e solo mentale, un allenamento misto che riunisca in un unico esercizio una bassa componente fisica ad una altissima stimolazione mentale.
Mi spiego meglio.
Predisporsi per un esercizio di contrazione delle dita, o di un singolo dito, a bassissima componente fisica. Per esempio restando in piedi, con le dita appoggiate ad una lista o uno stipite o qualunque sporgenza, flettere il dito (o più dita) partendo dalla distensione fino ad arcuarlo del tutto, applicando però solo pochissima forza. Associare a questa blanda contrazione una stimolazione mentale "immaginata" più che massimale, ricercando la massima forza mentale possibile, facendo le smorfie di spasmo che si associano solitamente a sforzi ipermassimali, ricercando la vivida sensazione che il tendine si stia quasi spezzando per quanto lo si deve contrarre. Ma solo immaginando tale contrazione, nella realtà il dito si arcua, si, ma senza alcun vero carico. Fare molta attenzione a non lasciarsi andare e caricare il dito veramente, incorrendo in forti rischi di traumi. Può essere di aiuto, per raggiungere la massima attivazione "immaginata", contrarre in maniera isometrica (realmente) addome o dorso o altri grandi muscoli, ma poco, questo è importante anche per non farsi male, i flessori delle dita. E' bene fare questo tipo di allenamento da soli, sia per non essere presi per folli, sia per trovare la giusta concentrazione.
Questo allenamento è ancora in fase di sperimentazione dunque per ora non lo consiglio né lo prescrivo a nessuno. Su di me sta dando per ora buoni risultati. Credo sia opportuno non fare più di 10/15 minuti al giorno di questo lavoro, visto il forte stimolo che viene dato al sistema nervoso. Intanto, ho verificato che il giorno seguente tali allenamenti, si accusano gli stessi sintomi di stanchezza che di solito insorgono a seguito di un allenamento (reale) che affatica il sistema nervoso centrale (come per esempio allenamenti massimali isometrici prolungati su appigli piccoli). Questo dimostra che il lavoro c'è stato veramente.
Come ben sappiamo però, il fatto che un lavoro ci stanchi non vuol dire necessariamente che esso ci faccia poi migliorare.
[i] Fonte: Rivista Neuropsychologia, 2004;42(7):944-56
From mental power to muscle power--gaining strength by using the mind.Ranganathan VK, Siemionow V, Liu JZ, Sahgal V, Yue GHDepartment of Biomedical Engineering/ND20, The Lerner Research Institute, The Cleveland Clinic Foundation, 9500 Euclid Avenue, Cleveland, OH 44195, USA.The purposes of this project were to determine mental training-induced strength gains (without performing physical exercises) in the little finger abductor as well as in the elbow flexor muscles, which are frequently used during daily living, and to quantify cortical signals that mediate maximal voluntary contractions (MVCs) of the two muscle groups. Thirty young, healthy volunteers participated in the study. The first group (N = 8) was trained to perform "mental contractions" of little finger abduction (ABD); the second group (N = 8) performed mental contractions of elbow (ELB) flexion; and the third group (N = 8) was not trained but participated in all measurements and served as a control group. Finally, six volunteers performed training of physical maximal finger abductions. Training lasted for 12 weeks (15 min per day, 5 days per week). At the end of training, we found that the ABD group had increased their finger abduction strength by 35% (P < 0.005) and the ELB group augmented their elbow flexion strength by 13.5% (P < 0.001). The physical training group increased the finger abduction strength by 53% (P < 0.01). The control group showed no significant changes in strength for either finger abduction or elbow flexion tasks. The improvement in muscle strength for trained groups was accompanied by significant increases in electroencephalogram-derived cortical potential, a measure previously shown to be directly related to control of voluntary muscle contractions. We conclude that the mental training employed by this study enhances the cortical output signal, which drives the muscles to a higher activation level and increases strength.