Facebook si accanisce, e ricorre alla Corte suprema di cassazione.
Si ricomincia da capo e si procede con la giustizia ordinaria. La cosa si fa seria, costosa.
Un Climber; Un organo al vertice del potere giudiziario italiano - la Corte suprema - e una società che possiede sia instagram che Whatsapp, la cui influenza (insieme a Google) è superiore a qualunque altro ente mondiale, sia privato che governativo.
Mia figlia mi dice: "ma che te frega? Basta che cambi nome". Cerco di spiegare.
All'inizio fu molto una questione di principio (ma la parola BOOK non dovrebbe essere di tutti??). Ora sono passati quasi dieci anni e confesso che la mia spinta idealistica su sia un poco esaurita. Voglio vincere anche per ragioni professionali e economiche.
Ma giuro che è stata proprio la spinta idealistica a farmi resistere.
Questa ultima sentenza costituirà un precedente dal valore simbolico molto più grande della piccola questione locale tra un climber e un colosso.
Il duopolio della dittatura digitale Google-Facebook ci sta rendendo mansueti polli da batteria che cacano preziose uova piene dei nostri dati più intimi, che vengono succhiati avidamente da loro. Ora vengono usati per la pubblicità ad personam ma in futuro i nostri dati, che saranno sempre più sofisticati, grazie anche a tutti i nuovi device biometrici, serviranno per controllare e manipolare ogni cosa, dalle decisioni politiche ai nostri stessi desideri. Noi, ben addomesticati, abbozziamo su tutto, svoltiamo a destra dove dice Google, quando accade qualcosa di fico tiriamo fuori lo smartphone e la nostra eccitazione viene mediata e offuscata dal filtro digitale della condivisione non di esperienze ma di come-gli-altri-vedono-le-nostre-esperienze: dalle foto e dai video che pubblico traspare solo la apparente perfezione del mio io digitale (passo un ora al giorno per modellarlo-si-come tutti voi) e non la angoscia crescente del mio io reale. Sono, ancora una volta, uscito sconfitto dalla mia perenne ricerca di senso e di entusiasmo, introverso e pigro, eppure la mia schiena nuda spicca baldanzosa il volo da un post all'altro, da un paradiso di mare a uno di montagna.
Invece il mio fuoco si è intiepidito, a forza di terabyte di noia digitale.
I miei sogni sbiaditi, di seconda mano, già sognati da milioni di persone.
Le mie passioni disinnescate da pignoli artificieri, detonate e messe in sicurezza.
La mia perdizione resa impossibile da satelliti certi.
Non mi lamento.
Il mondo di oggi è molto meglio di quello di ieri, e il merito è stato anche dei colossi digitali. Ma ora teniamoli a bada. Per questo, cara Facebook-instagram-whatsapp, io ti sfido.
Alessandro Jolly Lamberti
Si ricomincia da capo e si procede con la giustizia ordinaria. La cosa si fa seria, costosa.
Un Climber; Un organo al vertice del potere giudiziario italiano - la Corte suprema - e una società che possiede sia instagram che Whatsapp, la cui influenza (insieme a Google) è superiore a qualunque altro ente mondiale, sia privato che governativo.
Mia figlia mi dice: "ma che te frega? Basta che cambi nome". Cerco di spiegare.
All'inizio fu molto una questione di principio (ma la parola BOOK non dovrebbe essere di tutti??). Ora sono passati quasi dieci anni e confesso che la mia spinta idealistica su sia un poco esaurita. Voglio vincere anche per ragioni professionali e economiche.
Ma giuro che è stata proprio la spinta idealistica a farmi resistere.
Questa ultima sentenza costituirà un precedente dal valore simbolico molto più grande della piccola questione locale tra un climber e un colosso.
Il duopolio della dittatura digitale Google-Facebook ci sta rendendo mansueti polli da batteria che cacano preziose uova piene dei nostri dati più intimi, che vengono succhiati avidamente da loro. Ora vengono usati per la pubblicità ad personam ma in futuro i nostri dati, che saranno sempre più sofisticati, grazie anche a tutti i nuovi device biometrici, serviranno per controllare e manipolare ogni cosa, dalle decisioni politiche ai nostri stessi desideri. Noi, ben addomesticati, abbozziamo su tutto, svoltiamo a destra dove dice Google, quando accade qualcosa di fico tiriamo fuori lo smartphone e la nostra eccitazione viene mediata e offuscata dal filtro digitale della condivisione non di esperienze ma di come-gli-altri-vedono-le-nostre-esperienze: dalle foto e dai video che pubblico traspare solo la apparente perfezione del mio io digitale (passo un ora al giorno per modellarlo-si-come tutti voi) e non la angoscia crescente del mio io reale. Sono, ancora una volta, uscito sconfitto dalla mia perenne ricerca di senso e di entusiasmo, introverso e pigro, eppure la mia schiena nuda spicca baldanzosa il volo da un post all'altro, da un paradiso di mare a uno di montagna.
Invece il mio fuoco si è intiepidito, a forza di terabyte di noia digitale.
I miei sogni sbiaditi, di seconda mano, già sognati da milioni di persone.
Le mie passioni disinnescate da pignoli artificieri, detonate e messe in sicurezza.
La mia perdizione resa impossibile da satelliti certi.
Non mi lamento.
Il mondo di oggi è molto meglio di quello di ieri, e il merito è stato anche dei colossi digitali. Ma ora teniamoli a bada. Per questo, cara Facebook-instagram-whatsapp, io ti sfido.
Alessandro Jolly Lamberti