Nella fase iniziale della carriera di una scalatore, bisognerebbe privilegiare lo sviluppo di quella maestria che permetterà, in seguito, di poter scalare, per esempio, il 99% dei 7a e 7b, sempre, su qualunque terreno e in qualunque condizione fisica.
Per intenderci potremmo definire come "Soglia di riuscita" il massimo livello che si riesce a scalare sempre a vista. Mentre definiremo "Grado massimo", la massima difficoltà conseguita su terreno congeniale e dopo molti tentativi.
La soglia di riuscita è fortemente correlata allo sviluppo di alcuni automatismi, come il dosaggio della stretta, la sensibilità nello spalmo del piede, la percezione del ritmo, la propriocezione, la gestione della paura etc. Per questo motivo, difficilmente si potrà innalzare questa soglia se si bruciano alcune tappe.
Bisogna dunque procedere senza fretta, ma senza sosta; un passo alla volta, ma senza mai fermarsi.
Questa qualità, che potremmo chiamare anche "capacità di soglia", è spesso trascurata, perché meno appariscente e meno gratificante, nell'immediato, rispetto al grado massimo: fa più fico salire un 8a che scalare sistematicamente tutti i 7a a vista (anche se un tasso di riuscita del 99% sul 7a è una dote più difficile da conquistare e più rara da ritrovare in giro).
È meno frustrante farsi vedere appesi a provare un 8b che rischiare su una placchetta infernale di 7a.
Certamente ognuno è libero di godere come gli pare della roccia, delle vie e dei gradi. Di certo non sono da criticare coloro che superlavorano un 8b e sistematicamente precipitano dal 7a: scalano nella modalità che preferiscono.
Parlando da allenatore, però, sto dicendo che il lavoro sulla soglia andrebbe curato di più, soprattutto nella prima fase della carriera scalatoria, perché poi, con il passare degli anni, sarà sempre più difficile incamerare tali automatismi.
Questa maestria rappresenta il substrato sul quale, in seguito, trarranno sostegno tutti gli apprendimenti successivi. Questo substrato è necessario anche per alzare il picco massimo.
Con una soglia bassa, anche aumentando a dismisura il numero dei tentativi e degli esercizi in palestra, presto si arriva a un limite che non si può più oltrepassare.
Viceversa l'innalzamento del picco massimo non conduce per forza a un aumento della soglia.
Chi comincia da giovane, se ha talento, avrà comunque modo di recuperare, cambiare, migliorare. Chi comincia in età adulta, se passa i primi anni senza cercare di innalzare questa soglia, difficilmente riuscirà a recuperare.
Ugualmente dannoso ( se l'obiettivo è migliorare), è passare troppo tempo su vie molto facili, che non stimolano in alcun modo la sovracompensazione, né permettono di uscire dalla zona di comfort mentale.
Per intenderci potremmo definire come "Soglia di riuscita" il massimo livello che si riesce a scalare sempre a vista. Mentre definiremo "Grado massimo", la massima difficoltà conseguita su terreno congeniale e dopo molti tentativi.
La soglia di riuscita è fortemente correlata allo sviluppo di alcuni automatismi, come il dosaggio della stretta, la sensibilità nello spalmo del piede, la percezione del ritmo, la propriocezione, la gestione della paura etc. Per questo motivo, difficilmente si potrà innalzare questa soglia se si bruciano alcune tappe.
Bisogna dunque procedere senza fretta, ma senza sosta; un passo alla volta, ma senza mai fermarsi.
Questa qualità, che potremmo chiamare anche "capacità di soglia", è spesso trascurata, perché meno appariscente e meno gratificante, nell'immediato, rispetto al grado massimo: fa più fico salire un 8a che scalare sistematicamente tutti i 7a a vista (anche se un tasso di riuscita del 99% sul 7a è una dote più difficile da conquistare e più rara da ritrovare in giro).
È meno frustrante farsi vedere appesi a provare un 8b che rischiare su una placchetta infernale di 7a.
Certamente ognuno è libero di godere come gli pare della roccia, delle vie e dei gradi. Di certo non sono da criticare coloro che superlavorano un 8b e sistematicamente precipitano dal 7a: scalano nella modalità che preferiscono.
Parlando da allenatore, però, sto dicendo che il lavoro sulla soglia andrebbe curato di più, soprattutto nella prima fase della carriera scalatoria, perché poi, con il passare degli anni, sarà sempre più difficile incamerare tali automatismi.
Questa maestria rappresenta il substrato sul quale, in seguito, trarranno sostegno tutti gli apprendimenti successivi. Questo substrato è necessario anche per alzare il picco massimo.
Con una soglia bassa, anche aumentando a dismisura il numero dei tentativi e degli esercizi in palestra, presto si arriva a un limite che non si può più oltrepassare.
Viceversa l'innalzamento del picco massimo non conduce per forza a un aumento della soglia.
Chi comincia da giovane, se ha talento, avrà comunque modo di recuperare, cambiare, migliorare. Chi comincia in età adulta, se passa i primi anni senza cercare di innalzare questa soglia, difficilmente riuscirà a recuperare.
Ugualmente dannoso ( se l'obiettivo è migliorare), è passare troppo tempo su vie molto facili, che non stimolano in alcun modo la sovracompensazione, né permettono di uscire dalla zona di comfort mentale.
Commenti
Ad maiora Dario
∙ 8 anni fa
Concordo con Paolo, Jolly sei il n. 1!!!
Ahem...ma il 2 e il 3 e gli altri esistono? E se esistono dove sono, che pensano, cosa hanno scoperto e cosa e a chi insegnano, bho?!!! ( ma forse sono io che sono poco informato)
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