Quando Climbook nacque, nel lontano 2009, incarnava quello spirito in bilico tra competizione un po’ esibizionista e condivisione enciclopedica che accomuna gli arrampicatori. Il suo fondatore, Jolly, se lo portava appresso dagli anni in cui gli annunci si facevano sulle riviste (come le vecchie Cronache della libera di Alp) o sui quaderni dei bar, mentre i diari personali rimanevano nei cassetti: il mondo dei social offrì lo spunto per completare l’idea.
Come anche 8a.nu, dal quale subito si distanzia per la cura degli elenchi vie da parte di uno staff di admin, è lanciato con una dimensione local regionale: i primissimi utenti erano la piccola comunità di amici e allievi cresciuta attorno a Jolly… e che spesso furono costretti a iscriversi e registrare le ripetizioni anche controvoglia! Alcuni si stufarono subito e inserirono solo qualche via nelle falesie allora in voga, come Grotti Bassa; altri continuarono per oltre dieci anni.
Ma intanto la comunità si è allargata, contando quasi cinquemila utenti, senza che mai ci sia stata pubblicità, ma semplicemente, per così dire, per affinità elettiva. Da un piccolo gruppo, nato sulla spinta di un singolo, si diramano oggi tanti gruppi di appassionati in tutta Italia e oltre, con focolai in tutto il Lazio, l’Abruzzo, la Liguria, il Piemonte…
E in fondo tutta la storia dell’arrampicata, dal primo che ti insegna a usare il gri-gri al gruppo di amici che porti a tua volta sulla roccia, è un continuo susseguirsi di diramazioni, come un albero che si estende in chiome dalle infinite sfumature.
Ma questa storia può percorrersi anche a ritroso, per scoprire le radici dell’albero di cui si fa parte, per risalire alle prime scintille dei trapani e ai primi ometti sui sentieri che oggi sono segnati su Maps. Lo sa bene chi, andando in falesia, ama sentire le chiacchiere dei veci, le storie di chi scala da tanto e c’era “prima che noi sapessimo farci l’otto”: spesso aneddoti da bar – o da forum, o da commenti su Climbook – alimentati in anni di esagerazioni leggendarie; altre volte vicende eroiche, o tragicomiche, o semplici ricordi d’adolescenze lontane; ma tutti fondativi di un immaginario che fa sì che le falesie e le montagne siano qualcosa di più di un ammasso di sedimenti di carbonato o di quarzi.
Partendo dai racconti dei protagonisti dell’arrampicata romana degli ultimi cinquant’anni, ma mettendoli scientificamente in ordine, la storia della tribù arrampicatoria romana – quella nella quale Jolly è nato e cresciuto – è stata adesso composta in un’opera ambiziosa, Apertura Senza Fine: Storia dell’arrampicata romana, che copre i vari buchi storici lasciati da pubblicazioni biografiche e autobiografiche (come Run Out dello stesso Jolly) permettendo di inquadrare gli eventi e i personaggi del microcosmo romano nei giusti contesti… e di tramandare a tutti un bel po’ delle loro storie, dei loro aneddoti, del loro legendarium.
Come Climbook è partito da Roma ed è arrivato a tanti arrampicatori d’Italia, ci auguriamo che un libro come questo possa ispirare tutti a dare valore alle storie raccontate nelle loro falesie e ad inquadrare nel continuum spaziotemporale le generazioni delle loro tribù. E speriamo, ovviamente, che aiuti gli arrampicatori romani o che ruotano attorno a Roma a vedere le loro falesie con un’altra prospettiva.
Apertura Senza Fine: Storia dell’arrampicata romana, di Emanuele Avolio, è ora disponibile sul sito di Versante Sud e nei negozi di alpinismo più romanizzati.
(Ph: Jolly a Grotti Alta su Balla coi Buchi, di Pierluigi Zolli)
Commenti

Grazie "Iarwain" per questo importante tassello della storia dell'arrampicata (ogni arrampicata). Ho letto tutto in un fiato il tuo bel libro, in bilico tra la storiografia, la filologia e la narrativa, e con un lucido sguardo al sociale. Ho particolarmente apprezzato la definizione di "dinastia" alpinistica così come l'analisi dei ceti arrampicatori romani, del tutto simili, secondo me, a quelli torinesi e milanesi, cosa su cui ci si sofferma forse troppo poco e che credo potrebbe dirci molto di più.
Se mi posso permettere, a fronte di una articolatissima analisi del "primo periodo", quello della nascita, ho trovato (ma c'è ancora tempo!) un po' veloce l'ultimo periodo arrampicatorio, quello contemporaneo, segno forse che, come spesso capita con quasi tutti i fenomeni culturali e sociali, se è facile delineare i tratti iniziali, quasi sempre coesi e ben riconoscibili, più difficile è riconoscerne i contorni quando poi si estendono, come i fiumi in prossimità delle foci, larghi e indefiniti.
Io su questo presente, pur essendo della classe (anagrafica) di Alessandro Lamberti, ed avendo cominciato, come quasi tutti di questa classe, in montagna, sono fiducioso. L'indoor e lo sport credo (e spero) sapranno portare la logica dello sport nello sport, al posto del provincialismo tribale tutt'oggi ben consolidato. E così, magari, da far riemergere peculiarità della scalata "fuori" pressochè dimenticate, magari più vicine a quel "scala solo perchè gli piace scalare" con cui tu hai descritto Roberto Ciato.
Infine, tra tutto, mi è particolarmente rimasta impressa questa tua frase, a proposito di Rys Zaremba, personaggio a me sconosciuto, e che il tuo tratto ha saputo descrivere in maniera essenziale e bella: "spesso avvenimenti e personaggi che costituiscono la Storia col tempo sfumano, e rimane nell'immaginario comune solo quello che la memoria collettiva ha selezionato, magari influenzata da qualche pubblicazione sponsorizzata. Il rischio dei miti è quello di coprire altri protagonisti della Storia che ne hanno costituito il complesso mosaico: ossia il rischio dei miti è quello di oscurare la Storia stessa."
Ciao.

Grazie infinite Umberto, leggere righe come queste tue per me è la soddisfazione più grande: non tanto per l'apprezzamento di per sé, quanto per l'effetto di critica viva che ha suscitato il mio lavoro.
Purtroppo sull'ultimo periodo cogli proprio il punto: quel diramarsi del fiume dagli anni '90 via via ha reso più difficile mantenere una narrazione al contempo completa e coerente nell'intreccio generale, e dagli anni duemila per forza di cose si è dovuto sfumare; l'ho anche ammesso nell'introduzione programmatica. Certo, avrei potuto condurre il lavoro di ricerca anche sui tempi recenti: ma questo avrebbe richiesto altri due anni di lavoro e almeno un altro volume, e io non avevo né il secondo dati i limiti editoriali, né i primi, dato che ci tenevo ad uscire per il quarantennale del primo spit dall'alto del centro-sud a Sperlonga, e per il settantacinquesimo anniversario della Scuola Paolo Consiglio (ricorrenze poco avvertite invero dall'ambiente romano). Ma colgo in quel tuo "c'è ancora tempo" che il mio spirito ti è ben arrivato: il lavoro è impostato, ora sarà possibile aggiungere od espandere.
Vorrei sottolineare, ci fosse bisogno, che nonostante il tono, specie sul finale, possa apparire di condanna totale verso le pieghe recenti dell'arrampicata (sportiva e non), o addirittura di nostalgia verso epoche antiche, non era assolutamente quello l'intento. Io la penso come Jolly, quando dice che il periodo d'oro dell'arrampicata sportiva è ora. Né gli anni '80 costituiscono un periodo aureo: era, semmai, un periodo fondativo. Io volevo solo incoraggiare a non perdere la complessità in nome di un modello unico di tipo commerciale e agonistico, beninteso.
Sul contrasto al provincialismo tribale, in qualche modo spero proprio che lavori come questo (qui divento davvero megalomane) possano contribuire a superare il provincialismo, attraversandolo nella conoscenza reciproca, in una sorta di grande sincretismo - che non sia dunque oblio collettivo ma memoria condivisa.
E nel mio elogio della diversità, la plastica ha virtualmente lo stesso valore della neve, della roccia (e, perché no, dell'erba!).
Ti ringrazio davvero per il piacere di ritrovare nel tuo commento alcuni elementi a me cari, come quello sul sociale, che davvero spero che ci sarà sempre più occasione di approfondire nel nostro "dibattito pubblico".
Colgo l'occasione, visto che vedo che sei delle zone di Aosta, per dirti che entro fine Novembre/Dicembre mi trasferirò a Verbania: potrebbe essere bello continuare il discorso a voce, approfittando per scalare dalle tue parti.
Ciao!

Orpola, da Roma, immagino, a Verbania il passo è lungo! Ma finisci in un posto con, forse, la migliore roccia metamorfica del nord Italia, l'Ossola, a cui sono molto affezionato. Io sono milanese, trasferito in valle d'Aosta, e l'Ossola è stato uno dei mieli luoghi di elezione, sia in montagna, che falesia e materasso. E certamente ci incontreremo per due tacche e 4 chiacchiere, molto più che volentieri! Dai.

Ti ho scritto in privato! (La sezione messaggi privati è la cosa meno usata di questo sito, a buona ragione)