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Si pensa con il corpo

Fino a vent’anni fa, prima di iniziare a studiare i numerosi esperimenti sul tema del rapporto mente-corpo, pensavo che la maggior parte degli stereotipi presenti nei titoli dei best-seller di psicologia, fossero slogan da fricchettoni.
Il fatto che molta gente credesse alla magia dei nessi reciproci tra mente e corpo, di certo non mi convinceva del fatto che tali teorie fossero vere: come scrive H. L. Mencken, “la più comune di tutte le follie umane è di credere con passione in ciò che è palesemente non vero”.
Un sondaggio del 1992 del New York Times mostrava come più di un quarto degli americani credesse nelle streghe e la metà della popolazione credesse ai fantasmi e al diavolo.
Fino a vent’anni fa, la mia visione del training era stupidamente riduzionistica: se hai la forza di tenere gli appigli riuscirai a mettere bene i piedi e a chiudere le vie. Punto.
Mi sbagliavo. Con la rivoluzione indoor che stava cominciando, la popolazione scalatoria cominciò sempre di più a riempirsi di soggetti dotati di grande forza che, sulla roccia vera, arrancavano in maniera scandalosa e, viceversa, di soggetti che avevano una buona riuscita in falesia pur avendo risultati in palestra ridicoli.

Iniziai a pensare che la questione fosse molto più complessa rispetto al vecchio motto “Il piede sta là dove la mano stringe”, e che fosse legata ai nessi ideo-motori.
L’azione viene influenza dall’idea così come l’idea viene influenzata dall’azione. Si pensa con il corpo, non solo con la mente (Paula M. Niedenthal, Embodying Emotion, Science, 316, 2007, pp. 1002-1005).
Quando leggo più volte la parola “vomito”, si attivano fisicamente, in maniera attenuata ma misurabile, tutta una serie di segnali corporei (le pupille si dilatano leggermente, aumenta l’attività di alcune ghiandole, aumenta la frequenza cardiaca, si modifica l’espressione del volto).
E’ interessante notare come questo meccanismo avvenga anche in maniera subliminale e inconsapevole.
Molto noto è “l’effetto Florida”: in questo esperimento, a un gruppo di giovani studenti venne dato il compito di mettere insieme una frase compiuta a partire da quattro parole mischiate a caso (per esempio: pollaio cane sta il nel). In alcune di queste frasi da comporre, i ricercatori inserirono delle parole che facevano indirettamente riferimento alla vecchiaia, senza mai nominarla (per esempio “Florida”, che in America viene associata al posto in cui vanno i pensionati, o “rughe”). Si fece credere agli studenti-cavie che il test riguardasse la soluzione di quei piccoli enigmi. In realtà il test consisteva nel misurare il tempo che impiegavano a trasferirsi, una volta completati i quiz (c’era un lungo corridoio da percorrere). I risultati furono clamorosi: il gruppo che aveva composto frasi che contenevano parole “da vecchi”, percorse il tragitto in maniera molto piu lenta degli altri. (Esperimento eseguito da John Bargh, citato da Daniel Khaneman nel libro “Pensieri lenti e veloci”).
Ancora una volta l’azione è influenzata dall’idea.
La cosa interessante, come dicevo prima, è che il meccanismo ideo-motorio funziona anche al contrario: motorio-ideo. Un team tedesco rovesciò l’esperimento “Florida”, e scoprì che se si obbliga un gruppo di giovani a agire “da vecchi”, si rafforzano i pensieri sulla vecchiaia (Thomas Mussweiller, doing is for thinking! stereotype activation by stereotypic movement. - anche questo citato da Khaneman). Venne fuori che questi nessi erano reciproci: cosi come, se compio una azione divertente, mi viene da sorridere, allo stesso modo, se sorrido (anche imponendomi di farlo, per esempio tenendo una matita tra i denti), induco uno stato d’animo più allegro.
Se faccio ripetutamente no con la testa e aggrotto la fronte per qualche minuto, avrò meno probabilità, subito dopo, di riuscire in un compito; se, invece, annuisco, tiro su la schiena e alzo fiero lo sguardo, avrò più probabilità di riuscita.
E’ pieno di esperimenti che dimostrano come idee, parole, immagini, atteggiamenti, influenzino l’azione e la prestazione in modo concreto e reale.
Pur essendo una cosa diversa dal “self talk” tipico della psicologia dello sport, le analogie sono evidenti.
Quello che voglio dire è che, se il priming (l’effetto psicologico citato in alcuni degli esempi precedenti) ha un effetto reale cosi forte, a maggior ragione, nello sport, dobbiamo stare attenti quando influenziamo negativamente noi stessi, o gli altri, con parole, immagini, esempi, pensieri, espressioni del volto.
La maggior parte degli scalatori che conosco hanno un atteggiamento mentale che spesso è debole e negativo: gli scalatori si lagnano.
Non ce la faccio, non sono capace, non mi sono preparato, fa troppo freddo, caldo, ho dolore.
Se solo la parola “Florida”, per giunta a livello inconscio, rende gli americani più lenti, come possiamo pretendere, noi scalatori, di ottenere migliori prestazioni lamentandoci in continuazione?
Se solo far no con la testa rende più difficile un compito, come pensiamo di poter scalare una difficile parete esordendo con la frase “tanto sicuramente non ce la farò ??”.
La prima cosa da fare è eliminare le frasi e le parole negative. Anche quelle che, negando, in realtà affermano una cosa positiva (per esempio “NON devo cadere”). Questo perchè la nostra mente ignora la “negazione affermativa”. Se dico “non devo avere paura”, la mia mente percepisce PAURA: dovrò dire “Coraggio!”. Se dico “Non sono debole”, la mente percepisce DEBOLE: dovrò dire Forza!
Non “non fermarti”; ma: “Vai!”.
Le lagnanze sono gli alibi che cerca la mente pigra e debole pensando così (mettendo “le mani avanti”) di poter minimizzare il dolore della possibile sconfitta; ma il prezzo da pagare è alto.
Anche se è vero che sono debole, devo mostrarmi sicuro a me stesso e agli altri.
Anche se è vero che fa troppo freddo, che ho una ferita, che ho mal di pancia, prima di una prestazione devo alzare lo sguardo fiero e rallegrarmi.
Come diceva Napoleone, chi è certo della propria sconfitta, sicuramente sarà sconfitto.

Commenti

Lucio Virzi'
Lucio Virzi' ∙ 2 anni fa

Belle considerazioni

Grazie, le trovo molto pertinenti e direttamente utili.

Luisa Alexa
Luisa Alexa ∙ 1 anno fa

Biomeccanica

Cambiare schemi corporei influenza anche gli stati d'animo. Un concetto ben noto in una branca dell'arte drammatica che si chiama 'biomeccanica', teorizzata da Meyerhold.
Bellissimo articolo, grazie!

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